Il Porto di Ripetta che non c’è più

Fontana del Porto di Ripetta

A caccia dei segreti di Roma: l’antico Porto di Ripetta

Porto Clementino, detto comunemente “di Ripetta”, fu progettato nel 1703 dall’architetto Alessandro Specchi per volere di papa Clemente XI. Secondo il progetto di Specchi, la costruzione del nuovo porto non poteva prescindere dalla struttura preesistente, un piccolo ma suggestivo porticciolo, poco più che abusivo, utilizzato già nel XIV secolo per lo scarico del carbone e del legname; struttura che dunque venne sapientemente integrata nel nuovo ambizioso progetto.

Curiosamente, il futuro porto di Ripetta fu costruito con quello che oggi chiameremmo “materiale di recupero”: nientemeno che il travertino di tre arcate del Colosseo, che proprio quell’anno erano crollate a causa di un violento terremoto!

All’inaugurazione del 1704, avvenuta il giorno di S. Rocco, in onore della vicina chiesa omonima, fu finalmente possibile ammirare il nuovo complesso monumentale. Lo spettacolo che ci si trovò di fronte fu incredibile. Poco importa che fosse sorto sulle ceneri di un porto abusivo e costruito grazie ai resti di un terremoto: il Porto di Ripetta appariva come un gioiello di rara bellezza e straordinaria originalità architettonica!

Presentava una sagoma ondulata di stile borrominiano, ripresa tra l’altro per la scalinata di Trinità dei Monti, che si apriva sul fiume, tra le quinte delle case, in maniera inaspettata e scenografica.

Dai tanti dipinti e incisioni dell’epoca, vediamo che il prospetto a gradoni si erigeva proprio davanti alla chiesa di San Rocco, ai lati due ampie cordonate collegavano le banchine al piano stradale e al centro era posto un suggestivo spazio semicircolare con, alle estremità, due colonne idrometriche.

Nel mezzo del semicerchio si trovava poi una bella fontana a scogliera, con in cima una sorta di faro, fatta costruire in un momento successivo affinché vi si potessero abbeverare i facchini che scaricavano le merci. E proprio la fontana è tutto ciò che ci è rimasto di questo pezzo di Roma che non c’è più, distrutto dalle esigenze architettoniche dell’epoca ma anche dall’incuria dell’uomo che non seppe proteggerlo a dovere.

Il declino e la sparizione del Porto

Nonostante l’importanza commerciale che avrebbe potuto rivestire, il Porto non fu mai tenuto in grande considerazione. Le periodiche alluvioni e soprattutto la scarsa manutenzione lo ridussero ben presto in stato di abbandono. Non c’è da stupirsi, quindi, se, con l’inizio dei lavori per la costruzione di Ponte Cavour, che doveva unire Campo Marzio al nascente rione Prati, si accettò con relativa indifferenza il sacrificio di questa grande opera architettonica. La scalinata e la terrazza furono interamente smantellate, per consentire la simultanea costruzione dei muraglioni protettivi lungo il Tevere, e pian piano anche il resto sparì, sommerso dal fiume o per volere dell’uomo.

Con un po’ di immaginazione…

Oggi dobbiamo accontentarci di immaginare un porto che non esiste più. Provando a indovinare come doveva essere, quale allegra frenesia doveva animare le strade, quale andirivieni e quali voci, quali rumori, quale esplosione di vita doveva esserci!

Ma qualcosa è rimasto in piazza di Porto Ripetta che può aiutarci a far rivivere, almeno un po’, questo luogo così magico. Qualcosa di cui pochi turisti e anche pochi romani conoscono l’esistenza: la già citata fontana Clementina o “dei Navigatori”, con il suo glorioso faro che oggi somiglia più a un triste lampione spento, ma anche una colonna superstite e, a poca distanza, l’idrometro di San Rocco.

E passeggiando da quelle parti, ancora presi dalle vostre suggestioni portuali, potreste aver voglia di fermarvi a bere un drink, di rifocillarvi con una deliziosa cenetta o un aperitivo.  Per questo c’è  ‘Gusto! Il nostro ristorante si trova in Piazza Augusto Imperatore, a due passi dal porto che fu.

(A proposito… chissà se anche la gente del porto aveva un posto speciale dove riunirsi per gustare i sapori della tavola, per chiacchierare attorno a un bicchiere di vino… Chissà…Chissà… Chissà…).

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